Spazio al volontariato
Di Dani Noris
Il 2001 è l’anno internazionale del volontariato, votato dall’assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1997 e sostenuto da 123 paesi. L’obiettivo è di promuovere e sostenere l’azione dei volontari in ogni campo. Le Nazioni Unite riconoscono l’indispensabile apporto dei volontari per fronteggiare disastri, calamità, inquinamento e degrado ambientale, la lotta alla droga, l’epidemia dell’Aids, le povertà, il sottosviluppo... Soprattutto l’apporto dei volontari è indispensabile per affrontare vecchie e nuove povertà secondo un “approccio di qualità”. “Sebbene – si dice nel documento preparatorio – il contributo dei volontari allo sviluppo delle società sia considerevole, la gran parte del loro lavoro resta spesso sconosciuta”.
Volontariato perché?
Caritas Ticino vuole marcare questo anno con un percorso di formazione sul tema della carità, che si svolgerà attraverso dei seminari proposti a tutti gli interessati. Perché fare un nuovo corso di formazione sulla carità?
“La carità è un gesto, è qualcosa che io faccio, che nasce da una concezione diversa me. Una concezione diversa da quella presente nel mondo“. (Mons. Eugenio Corecco)
Dobbiamo renderci conto che abbiamo bisogno di sostenere anzitutto noi stessi, prima di poter dare una mano agli altri. Nessuno dà ciò che non ha, è quindi necessario avere, per poter dare in abbondanza. Questo è il motivo per cui dobbiamo approfondire i temi che sono formativi per ciascuno.
La prima cosa che ci dobbiamo chiedere è: Perché faccio del volontariato? In nome di che? Perché aderiamo a questo bisogno di solidarietà?
Di fronte al bisogno, ogni uomo di buona volontà sente di dover fare qualcosa e mette in atto la sua generosità.
Ma il suo tentativo di dare la risposta al bisogno rischia, al di là della sua generosità, spesso grande e lodevole, di avere un velo di autocompiacimento e spesso anche di tristezza. Infatti. tu puoi dire “ho fatto questa cosa, ho aiutato, ma dopo?” Ci sono tanti bisogni, ne copertine/copro uno e altri mille nascono. Certo noi possiamo fare qualcosa nel momento tragico, pensiamo ai tanti drammi che sta vivendo l’umanità in varie parti del pianeta, ma capiamo che le nostre energie sono impotenti di fronte al male.
Questa tristezza, che nasce dal fatto di essere in fondo impotenti, può essere superata se siamo coscienti di essere uniti e di appartenere a qualcosa. Il fatto di essere volontari di Caritas, quindi di essere uniti nella Chiesa, può farci vivere l’esperienza di volontariato come qualcosa di coerente e che acquista significato vero. Un significato che supera il piccolo o grande gesto che compiamo. Raccogliere fondi attraverso la vendita al mercatino, come recarsi in un campo e distribuire viveri può avere lo stesso significato. Il lavoro fatto qui, rende possibile il lavoro fatto giù o laddove il bisogno emerge. Il gesto di solidarietà, che originalmente è una risposta commossa al bisogno che si incontra o del quale si viene a conoscenza, e che è una reazione dell’aspetto buono di ognuno di noi, acquista un orizzonte più vasto se fatto appunto in collaborazione con altri. In questo modo il gesto generoso diventa “carità”. La carità riconduce alla ragione vera e importante per la quale si fanno le cose, e solo la carità costruisce delle opere.
Se guardiamo quello che succede nel mondo, vediamo che laddove la solidarietà è stata espressione di carità le cose sono rimaste nel tempo.
Dominique Lapierre, che ha scritto “La città della gioia”, ci raccontava che viaggiando in India ha visto ospedali, scuole, edifici di tutti i tipi, finanziati dall’Occidente, che sono in rovina, non sono mai stati usati eppure erano delle buone costruzioni, costate cifre molto alte. L’opera di Madre Teresa, incominciata da lei e con mezzi limitati alla forza delle sue due braccia, ma fatta di carità, cioè fatta in nome di Gesù, è diventata feconda, migliaia di braccia si sono aggiunte alle sue e l’opera si è propagata in tutto il mondo.
Nella carità, la persona mossa dal bisogno e dalla necessità in cui si imbatte, genera opere proprio perché la sua azione non si limita al particolare che lo commuove, ma si fa carico di tutto il contesto.
Noi ci commuoviamo e ci muoviamo di fronte al bisogno, ma talvolta siamo così impetuosi da ritenere che la soluzione possa venire da quello che noi riteniamo giusto e basta.
La cosa più preziosa che possiamo offrire, come volontari di Caritas, è la nostra unità, è un’amicizia che cresce negli ambiti dove lavoriamo. Questa amicizia che cresce dà a ogni contributo un senso positivo, non è vano. La coscienza dell’essere insieme elimina l’impressione dell’inutilità dello sforzo.
“Portate i pesi gli uni degli altri e così adempirete alla legge di Cristo”.
Amare significa condividere criticamente i bisogni degli altri. Il peso degli altri sono le circostanze dolorose nelle quali le persone vengono a trovarsi e i bisogni che hanno. Cristo si è fatto carico dei bisogni che incontrava e ad essi rispondeva. I bisogni del prossimo sono bisogni materiali e spirituali che molto spesso sono congiunti. Il bisogno mette in evidenza il fatto che nessuno basta a sé stesso, nessuno è autosufficiente, ognuno ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a raggiungere il compimento di sé. Se vogliamo realizzarci abbiamo bisogno di essere amati, perché è solo nell’amore che l’uomo trova il compimento.